La Campania non è più a dieta… mediterranea.
Nel mondo la dieta mediterranea è sinonimo di salute, longevità, diversità, piacere della tavola. Un elisir di lunga vita sempre più conosciuto nel mondo, che aiuta in maniera naturale le nostre esportazioni e il successo dei nostri ristoratori all’estero. Ma che pare stiamo dimenticando proprio nella culla della dieta mediterranea, la Campania.
Tre numeri, tre dati a sostegno di questa accusa: 18, 76, 21.
18 è la percentuale di superficie agricola campana inquinata da rifiuti (fonte: Coldiretti, 2013). Una mostruosità, un’enormità che si tende oggi principalmente ad identificare con le aree della cosiddetta Terra dei fuochi, ma che invece ha bisogno di tanti distinguo. Prima tra tutti la caratterizzazione dei suoli, per distinguere aree inquinate da quelle non in inquinate e non danneggiare chi, come allevamento biologico di bufale Ponterè, ha sempre fatto del rispetto della natura il punto di forza aziendale, e ha superato sempre severi controlli, compresi quelli dell’ente certificatore di Bologna che gli riconosce il marchio biologico e del distributore Alce Nero che li ha inseriti tra le storie del libro “Cibo vero”.
Al di là di questi (importanti) particolari tecnici, è importante che l’agricoltura campana non nasconda questo problema e lo risolva una volte per tutte, coinvolgendo i consumatori in un reciproco processo di responsabilizzazione (io mi impegno a produrre in maniera pulita, tu mi sostieni economicamente comprando i miei prodotti).
76 sono i chili che ogni cittadino italiano, campani compresi, butta nella spazzatura ogni anno (fonte: FAO, 2013). Questo è ancor più grave in una regione che lamenta bassi redditi e alta disoccupazione, perchè cibo buttato = soldi buttati. La nostra tradizione, anche alimentare, era improntata all’utilizzo e al riutilizzo, e il cibo a volte si inventava (come nel caso del finto ragù). Oggi sprechiamo. Basterebbe comprare meno e meglio, dando più peso alla qualità (e quindi alle produzioni locali artigianali) che non alla quantità.
21% è la percentuale di bambini obesi in Campania (fonte: CCM – Min. Salute, 2012). Un record assoluto che ci avvicina tristemente, ahinoi, a quello degli Stati Uniti, dove il cibo comunemente accessibile è industriale e di bassa qualità nutritiva. Com’è noto l’obesità dei bambini è dovuta ad un mix di cause: mancanza di moto, cattive abitudini alimentari e basso valore nutrizionale dei cibi consumati. Il che ci riporta al paragrafo precedente: acquistare meno e meglio aiuterebbe anche i nostri figli e aiuterebbe anche la sanità pubblica a spendere meno perché un bambino obeso sarà, con grande probabilità, un adulto malato.
UCMed si impegna dalla sua fondazione a promuovere in ogni ambito un’alimentazione sana ed equilibrata, incentrata sulla tutela e la valorizzazione dei prodotti tipici e della dieta mediterranea. E continuerà a farlo.
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